Servizi online e identità digitale: cosa accade in caso di decesso?
I servizi online sono ormai parte integrante della nostra vita quotidiana. Con smartphone, tablet e computer gestiamo lavoro, comunicazioni, conti correnti, investimenti, social network e acquisti. Tutto ciò avviene attraverso credenziali personali di accesso – “username” e “password” – che costituiscono una vera e propria identità digitale, essenziale per accedere a questi servizi.
Con la crescente diffusione del cloud computing, una quantità sempre maggiore di dati – spesso sensibili, economici o affettivi – viene archiviata su server remoti. Ma cosa accade a questa identità digitale e ai dati associati in caso di morte dell’utente?
La crescente importanza dell’eredità digitale richiede una pianificazione attenta per garantire che i dati, i beni e le credenziali del defunto siano accessibili agli eredi. Che si tratti di social network, PEC, SPID o criptovalute, la gestione preventiva è fondamentale per evitare complicazioni legali e proteggere il patrimonio digitale.
Eredità digitale: i diritti degli eredi
Secondo la legge italiana, tutti i diritti patrimoniali passano agli eredi. Tuttavia, l’assenza delle credenziali di accesso rende complicato per gli eredi accedere ai dati del defunto, specialmente quando i servizi sono gestiti da aziende straniere, con normative diverse.
Negli Stati Uniti, ad esempio, la California ha introdotto il Revised Uniform Fiduciary Access to Digital Assets Act (RUFADAA), che disciplina l’accesso dei fiduciari ai beni digitali. Tuttavia, in assenza di regole internazionali condivise, il percorso legale può essere complesso e costoso. Un altro rischio è che i dati vengano cancellati automaticamente dai server per inattività prolungata.
Gestione dei profili sui social network
Ogni piattaforma ha regole specifiche su come gestire la morte di un utente.
Facebook:
- Può continuare a funzionare e ricevere notifiche.
- I parenti possono:
- Trasformarlo in un account commemorativo.
- Richiedere la cancellazione o la disattivazione.
- In caso di disattivazione, l’account resta sui server, ma non è accessibile.
Twitter:
- L’account viene automaticamente disattivato dopo sei mesi di inattività.
LinkedIn:
- La disattivazione avviene solo su segnalazione della morte dell’utente.
Google:
- Consente di impostare un gestore account inattivo per decidere dopo quanto tempo di inattività (da 3 a 18 mesi) l’account si considera non più attivo.
- Prima della cancellazione, Google invia un avviso e, in assenza di riscontro, procede con la cancellazione dei dati o la loro consegna a un contatto di fiducia indicato dall’utente.
Accesso alla posta elettronica
In Italia, la legge riconosce agli eredi il diritto di ricevere la corrispondenza del defunto, inclusa quella elettronica. Con i provider italiani come TIM o Aruba, non sorgono grandi problemi. Con i provider stranieri, invece, possono esserci difficoltà legate a normative locali e alla necessità di azioni legali internazionali.
Gestione della PEC e dei servizi di identità digitale post-decesso
Dopo il decesso di una persona, il Comune di residenza, una volta aggiornati i registri anagrafici, comunica automaticamente l’evento all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR). Questo passaggio comporta conseguenze dirette sui servizi legati all’identità digitale, come PEC, SPID e altri strumenti digitali.
- Posta Elettronica Certificata (PEC): Cessa di avere valore legale per l’utente deceduto, ma per disattivare formalmente il servizio, gli eredi devono seguire una specifica procedura.
- SPID e servizi collegati: Per disattivare questi strumenti, gli eredi devono compilare uno specifico modulo fornito dal gestore del servizio.
Procedura per la disattivazione:
- Richiesta di disattivazione: Gli eredi devono ottenere e compilare un modulo di richiesta fornito dal gestore dei servizi.
- Documenti richiesti: Solitamente, sono richiesti:
- Certificato di morte del titolare.
- Dichiarazione di successione (se pertinente).
- Documento di identità del richiedente.
- Invio della documentazione: La documentazione deve essere inviata tramite PEC al gestore del servizio, seguendo le modalità indicate dal fornitore.
Questa procedura garantisce la chiusura ufficiale degli account e la disattivazione delle credenziali, evitando possibili abusi o utilizzi impropri.
Conservazione delle password e gestione delle criptovalute
Oltre alla gestione di account tradizionali, l’evoluzione tecnologica ha introdotto nuovi beni digitali, come le criptovalute, che richiedono particolare attenzione nella pianificazione dell’eredità digitale.
Sicurezza dei seed e delle chiavi private
Le criptovalute, come Bitcoin, sono gestite tramite portafogli digitali accessibili unicamente con una chiave privata o un seed phrase.
- I seed devono essere custoditi in luoghi sicuri, come una cassaforte o un dispositivo hardware wallet, evitando la conservazione su cloud o email.
- È possibile affidare queste informazioni a un fiduciario o a un servizio notarile, assicurando che vengano trasmesse agli eredi.
Pianificazione testamentaria per criptovalute
- Ovviamente le password e i seed non devono essere inclusi nel testamento, perché poi diventerà pubblico.
- Devono invece essere indicati in un documento separato, affidato a un fiduciario o esecutore testamentario.
Come tutelare l’eredità digitale
Per evitare problemi agli eredi, è possibile adottare alcune strategie preventive:
- Nomina di un fiduciario digitale: Affidare le credenziali a una persona di fiducia, specificando il loro utilizzo post mortem in un documento notarile.
- Documenti separati: Conservare le password in un documento separato dal testamento.
- Testamento digitale: Indicare con chiarezza i destinatari delle credenziali e dei beni digitali.
- Soluzioni innovative: Utilizzare password manager avanzati o servizi per la gestione di beni digitali post mortem.